IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel processo penale n. 4382/1994 r.g.n.r., n. 2081/1994 pretura di Soresina. Con ordinanza in data 12 dicembre 1994 questo pretore, nell'ambito della convalida dell'arresto in flagranza di reato di Lajovic Veselin e Savic Igor, cittadini della ex Jugoslavia, imputati di furto aggravato, emetteva ordinanza di custodia cautelare in carcere dei predetti. Con istanze datate 24 dicembre 1994 i medesimi chiedevano di essere espulsi dal territorio italiano ai sensi del comma 12-ter dell'art. 7 del d.-l. 30 dicembre 1989, n. 416 (convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39) aggiunto dall'art. 8, primo comma, del d.-l. 14 giugno 1993, n. 187 convertito con modificazioni nella legge 12 agosto 1993, n. 296. In data 30 dicembre 1994 il p.m. formulava parere favorevole all'espulsione. In data 21 gennaio 1995 la questura di Cremona, ufficio stranieri, forniva le richieste informazioni in ordine al possesso da parte dei prevenuti del passaporto o di documento equipollente. Lajovic Veselin risultava munito di passaporto ordinario dell'ex Jugoslavia n. 1079 51 valido sino al 24 giugno 1997 mentre Savic Igor risultava non in possesso di documenti. In data odierna questo pretore, accertata la sussistenza delle condizioni di cui ai commi 12-bis e 12-ter dell'art. 7 del decreto- legge sopra menzionato disponeva con ordinanza l'espulsione di Lajovic Veselin nello Stato di provenienza con conseguente sospensione dello stato di detenzione. Analogo provvedimento non poteva essere emesso nei confronti di Savic Jgor in quanto sprovvisto di documenti. I. - Infatti il comma 12-ter prevede l'accertamento del possesso del passaporto o documento equipollente quale condizione necessaria per la pronuncia del provvedimento di espulsione e per la conseguente concessione della liberta'. Fin da questo primo approccio alla norma desta perplessita' il fatto che un diverso trattamento in materia di liberta' personale, bene primario costituzionalmente garantito, possa essere giustificato dalla presenza o dall'assenza di un documento valido all'espatrio che, contingentemente, potrebbe anche mancare, senza dolo o colpa dell'interessato. Del resto lo stato di indigenza che di regola caratterizza lo straniero sottoposto alla misura cautelare lo mette di fatto nell'impossibilita' di ottenere, dal carcere, il rilascio in tempi consoni di un documento di viaggio da parte della competente autorita' diplomatica o consolare. A meno di non ipotizzare un'acquisizione di documenti o visti da compiersi d'ufficio, la qual cosa, prevista dall'undicesimo comma per l'espulsione disposta dall'autorita' amministrativa, non e' pero' contemplata dal comma 12-ter per l'espulsione disposta dal giudice. Vi e' pertanto motivo di dubitare della legittimita' costituzionale del comma 12-ter in relazione al principio di eguaglianza di ogni individuo in ordine ai diritti inviolabili dell'uomo, nella specie ai diritti relativi alla liberta' personale (artt. 2, 3 e 13 della Costituzione) nella parte in cui non prevede che, in assenza di regolare passaporto o documento equipollente, l'acquisizione dei documenti o visti atti a consentire l'espulsione sia disposta d'ufficio dal giudice. II. - A ben vedere, in ogni caso, e' proprio la necessita' di una attivazione, di una iniziativa da parte dell'interessato detenuto, contemplata dal comma 12-ter, ad accrescere i dubbi circa la costituzionalita' della norma in relazione agli artt. 2, 3 e 13 della Costituzione. Giova al proposito osservare che sulla misura della custodia cautelare in carcere, nel sistema del vigente codice di rito, puo' influire unicamente il giudizio sulla pericolosita' dell'individuo sottoposto alla misura. Le uniche deroghe previste (persona incinta, persona che si trova in condizioni di salute particolarmente gravi, persona ultrasettantenne, tossicodipendente in terapia disintossicante, ecc.) sono giustificate da una presunzione legale di attenuazione della pericolosita'. Che il regime di liberta' personale delle persone sottoposte a custodia cautelare, ovvero condannate con sentenza passata in giudicato, possa diversificarsi a seconda che il soggetto sia un cittadino italiano ovvero uno straniero appare costituire a prima vista una palese iniquita' in violazione del principio costituzionale di eguaglianza in tema di liberta' personale giacche' alla possibilita' per lo straniero di conseguire la liberta' dal regime carcerario, cautelare o definitivo che sia, attraverso l'espulsione dal territorio dello Stato non corrisponde analoga possibilita' per il cittadino italiano detenuto di conseguire la liberta' attraverso il volontario espatrio. La giustificazione unica dell'anzidetta diversita' di trattamento sembra intravvedersi nella opportunita' per il Paese legiferante di attuare uno sfoltimento della popolazione carceraria, senza compromissione dell'ordine pubblico interno, attraverso uno strumento (l'espulsione) giuridicamente praticabile soltanto nei confronti degli stranieri e non anche dei proprii cittadini. Ma se cosi' e' appare privo di giustificazione il disposto del comma 12-ter laddove prevede che l'espulsione debba essere disposta dal giudice a richiesta dello straniero o del suo difensore (e quindi lasciata alla discrezionalita' dell'interessato) e non invece disposta ad istanza del pubblico ministero (e quindi attuata per iniziativa di un organo pubblico) analogamente a quanto previsto dalla stessa legge per l'espulsione operata in via amministrativa dal Prefetto o dal Ministro dell'interno.